L’immagine, linguaggio universale

Cosa mai hanno in comune persone come "giornalisti, avvocati, fotografi, responsabili di agenzia, rappresentanti delle istituzioni", e tutte le altre figure professionali?

Quale mai puo' essere il fil rouge professionale che lega categorie cosi' apparentemente distanti fra loro?

Il fatto stesso che si stia generando un interesse "orizzontale" cosi' variegato ed allargato dovrebbe far meditare sulla portata del fenomeno.

In effetti le immagini stanno gradatamente assumendo un ruolo di comunicazione nella maggior parte dei casi sottaciuto o non conosciuto, ma spaventosamente importante.

Tre canali in cui l’immagine e' divenuta elemento non solo importante, ma portante:

giornalismo e comunicazione

pubblicita'

internet e reti

Cosa sta spostando i "pesi" di importanza in direzione dell’immagine, piuttosto che di altri canali di comunicazione? In realta', con il trascorrere del tempo qualsiasi canale di informazione si e' sviluppato, ramificato ed approfondito, portando tutte le persone che abitano in paesi industrializzati ad essere sottoposti ad un ECCESSO di informazione.

Mentre fino a qualche tempo fa chi deteneva l’informazione controllava il potere, ora l’importanza e' spostata sulla capacita' di trovare e selezionare le informazioni, dato che per un sempre maggior carico di informazioni la semplice disponibilita' e' a portata di tutti.

Le testate giornalistiche si sono moltiplicate a dismisura.

Una rivista come Epoca e' stata di fatto rimpiazzata (anche se certo non sostituita) da una incredibile disponibilita' di supplementi settimanali di quotidiani.

I programmi televisivi non sono piu' "primo e secondo", con il fortunato caso della Svizzera per l’Italia del nord ovest e Capodistria per il nord-est…

La pubblicita' e' necessariamente divenuta invasiva, perché si e' consolidato il concetto del divertimento e dell’informazione gratuita, in cambio di disponibilita' a subire pubblicita'.

Internet, poi, e' la quintessenza dell’eccesso di informazione, dinanzi alla quale il problema non e' l’esistenza, ma il reperimento e il "filtraggio" della stessa. Un esempio eclatante, Yahoo, che dal 1994 ad oggi e' divenuto in cinque anni una potenza economica.

Insomma, in ciascuno dei tre canali accennati (giornalismo, pubblicita', rete), si sta verificando innegabilmente una crescita esponenziale dell’informazione.

Tanta. Troppa.

Necessariamente, il tempo a disposizione per ciascuna informazione diminuisce, e con esso diminuisce il tempo dedicato all’approfondimento.

Moltissima informazione superficiale, poco approfondimento specifico (che – per inciso – e' anche divenuto il problema nella formazione statunitense: sono sempre meno le persone che eccellono in un campo, costringendo ad una sgradita "importazione di cervelli").

Senza voler ne’ difendere ne’ condannare questo fenomeno, occorre prendere atto della sua esistenza, e cercare di percepirlo per quello che e': un’evoluzione della cultura, che presuppone lo smantellamento di certe abitudini e l’instaurarsi inarrestabile di altre, e con esse l’instaurarsi anche di altre esigenze ed abilita'.

Poiché il tempo disponibile e' sempre meno, l’informazione deve essere mediata sempre piu' velocemente.

I giornali si sfogliano, le pubblicita' si intravedono, la rete si curiosa.

Attimi, nei quali pero' i comunicatori di mestiere devono riuscire a passare le informazioni che motivano la loro esistenza come comunicatori.

Ed ecco l’immagine: non e' vero che la fotografia sia un linguaggio, ma e' vero che rappresenta il "comburente", il "catalizzatore" per tutti i procedimenti di comunicazione.

Il giornalismo punta a dare "un’idea", non a dare idee

Chiunque di noi sfoglia rapidamente il quotidiano, o la rivista illustrata (il 23% partendo dal fondo).

Chiunque di noi si sofferma solo per un paio di articoli – se non ha fretta. Tutto il resto dell’informazione "passa" a livello di sensazione: sensazione ingenerata dall’avvicendarsi dei titoli, ma soprattutto dagli stati d’animo e dalle mezze notizie comunicate dalle immagini.

Lo stesso identico servizio (che verra' letto nel dettaglio solo da una esigua minoranza di "lettori") potra' lasciare, nell’"immaginario collettivo" del popolo di sfogliatori, sensazioni – e quindi informazioni – completamente diverse, a seconda delle immagini utilizzate per corredarlo.

Prendete una qualsiasi rivista, ed eliminate le immagini fotografiche da articoli e pubblicita'. Diviene illeggibile, perché l’informazione di fondo non e' data dal testo, ma dalla percezione visiva.

In questo momento, state invece accettando di percepire un’informazione complessa, perché e' questo che vorremmo comunicare: non solo una "sensazione" su cui innestare la possibile vendita di un prodotto o un’illusione di informazione. Ne e' tetsimonianza il fatto che voi siate presenti ad una conferenza, o stiate leggendo queste righe.

Purtroppo il giornalismo, specie in Italia, continua a vivacchiare su modi operativi vecchi, il piu' delle volte conservati per pigrizia e per mancanza di intelligenza non tanto da parte dei giornalisti, quanto dei responsabili. Ed e' fisiologico: per controllare uno strumento di informazione occorre, spesso, avere raggiunto un certo potere e peso sociale, situazione – questa – che si acquisisce con gli anni. Tuttavia, i tempi sono oramai scollati: la societa' – paradossalmente – cambia molto piu' in fretta dell’individuo.

Cosi', chi e' abbastanza potente per controllare i mezzi, e' molto spesso troppo "vecchio" (mentalmente) per essersi adeguato all’evoluzione. Sono troppi i direttori di testata che non si sono concretamente resi conto della modifica del sistema di comunicazione, introdotto dalla mancanza di tempo. O – se se ne sono resi conto – non sono stati capaci di adeguarsi di conseguenza. Di fatto, e' ancora frequentissimo il caso in cui il direttore usa le forze a sue disposizione cosi' come poteva andare bene trent’anni fa. Usa le immagini per "riempire" l’articolo con qualcosa di colorato, senza rendersi conto che oramai e' vero l’inverso; sono i testi a "riempire" le immagini, come segni di interpunzione.

I suoi lettori, infatti, leggeranno gli articoli nel dettaglio sono in rari casi, sempre piu' coincidenti con la posizione del pensionato. Il giovane trentenne o il quarantenne, affannato nelle mille faccende di lavoro e casa, si lascera' permeare superficialmente dalla sensazione di fondo.

Data dalle immagini.

Grave errore strategico, quindi, quello di considerare l’immagine solo come… arma tattica.

Pessima scelta quella di dedicare sempre meno energie e competenza a quel lato che, invece, sta sempre piu' diventando portante nella comunicazione.

Certamente, questo non significa istigare giornalisti e media ad una comunicazione solamente superficiale: i lettori veri continuano ad esistere, e con loro esiste e sempre esistera' il vero giornalismo. Ma e' anche inutile ignorare la realta' dei fatti: se un "grande comunicatore" ha bisogno di comunicare nei confronti del popolo "intelligente" con un tipo di comunicazione approfondita, e' altrettanto vero che il numero di persone – anche intelligenti – che chiede, giocoforza, di essere informata con la massima rapidita' e' un numero sempre crescente, ed in modo esponenziale. In sostanza, la comunicazione di massa si fa con le immagini e non con le parole.

Se il direttore di testata non sa usare un computer od un videogioco, ed utilizza le foto per "riempire" il pezzo, il responsabile della comunicazione dovrebbe meditare attentamente su questo…

La pubblicita' sintetizza una sensazione sul prodotto, ma informa solo chi si informa da solo.

Che il compito della pubblicita' sia "informare" l’acquirente e' una speranza sempre piu' distante dal vero.

L’insieme del modo di proporre e utilizzare l’informazione rende infatti questa strada sempre piu' improponibile.

I media devono accogliere molta pubblicita' per sopravvivere; la sponsorizzazione e' divenuto un modo per incanalare ricchezza e ridistribuirla. Questo stato di cose incrementa la quantita' di messaggi pubblicitari in maniera esponenziale.

Conseguenza diretta e' la "divisione" dell’attenzione del compratore su un numero sempre crescente di stimoli pubblicitari. Per necessita', la percezione del messaggio deve essere sempre piu' immediata: trasmettere sensazioni, concetti, stili di vita, prima di dati che richiedono analisi.

Ed ecco il ruolo dell’immagine.

Provate a sfogliare un periodico qualsiasi. Provate a soffermarvi su ciascuna pagina pubblicitaria. Immaginatela composta solamente degli elementi grafici e di head line e copy (i titoli ed i testi che l’accompagnano).

Non occorre un grande sforzo, a questo punto, per capire quale ruolo abbia la comunicazione pubblicitaria per immagini o, meglio, la comunicazione pubblicitaria che utilizza l’immagine come primo, immediato elemento di aggancio dell’attenzione.

Si noti che una notevole componente della funzione della comunicazione familiare e' quella di creare familiarita' con il prodotto. Non solo, quindi, portare il compratore a fare una scelta "hinc et nunc", ma anche e soprattutto a creare quella familiarita' con il marchio ed il prodotto che, in un secondo momento, consentira' il ricordo del marchio per un futuro acquisto, basato sulla sensazione di "affidabile" perché "familiare".

Su questo terreno l’immagine gioca un ruolo assolutamente determinante.

Infatti, se e' vero che la fotografia puo' servire da "esca" per catturare l’attenzione a leggere con piu' dettaglio l’informazione accurata che si da del prodotto, e' altrettanto vero che il lettore si soffermera' sull’"analisi" del prodotto solo se interessato in quel momento. Diversamente, lascera' scorrere lo sguardo sulla pagina, senza avvertirne i contenuti a livello cosciente.

In questo caso (come nella maggior parte dei casi di affissione e flash advertising), e' la sensazione immediata a determinare l’importanza della comunicazione. In pratica, la comunicazione avviene solamente per "percezione visiva" di una sensazione abbinata al prodotto.

Questo compito e' affidato unicamente o prevalentemente alla fotografia.

La rete: la rivincita sulla torre di Babele

I confini fra informatica e quotidianita' vengono sempre piu' sfumati.

Un tempo, gli Scribi erano quella parte di popolazione che manteneva posizioni di privilegio e in un certo senso di potere grazie alla loro capacita' di scrivere. L’umanita' si e' poi evoluta, e quello strumento particolare ed esclusivo che era la scrittura e' divenuto di tutti, ed e' entrato a far parte della vita quotidiana di tutti.

Sta avvenendo assolutamente la stessa cosa per le implicazioni dell’informatica. La produzione di chip programmabili a prezzi ridottissimi (pochi centesimi di dollaro) sta aprendo la possibilita' di interfacciare qualsiasi strumento che funzioni ad elettricita', rendendolo programmabile e controllabile. Questa possibilita' ben si innesta con il sistema di interazione globale di cui Internet e' solo il primo passo: Internet e' la prima avvisaglia, un po’ quello che e' stato il "telegrafo senza fili" come preludio alla televisione ed alle comunicazioni satellitari.

Ora, l’interfacciamento di tutto con tutti – vera direzione della informatizzazione globale – rende necessaria una rapida evoluzione anche nella mentalita' e nella stessa organizzazione della societa'.

Fa parte dell’evoluzione della nostra specie.

Presupposto fondamentale per un’interazione globale e' tuttavia il superamento delle barriere sia di linguaggio, che di interfacciamento.

Un esempio sul piano dell’interfaccia e' l’avvento di Jini, sviluppato dalla Sun (stessa fonte di Java, di fatto il primo linguaggio di programmazione, emerso grazie ad internet, che consente di controllare piattaforme diverse usando lo stesso codice sorgente).

Jini e' sostanzialmente un linguaggio di programmazione che permette il "dialogo" informatico fra qualsiasi componente elettronica: il telefono con l’automobile con il frullatore con la propria carta di credito.

La tecnologia c’e', gli interessi economici anche, e' solo questione di tempo. Poco tempo.

In America, le famiglie connesse ad internet tramite i cavi video (quelli delle TV via cavo, per internderci), che rendono la connessione estremamente piu' veloce, passano 22,5 ore settimanali connessi ad internet, contro la media di 4,7 ore alla settimana di chi e' connesso tramite cavo telefonico.

Quando tutto e' in collegamento con tutto, abbiamo tuttavia ancora da risolvere un aspetto per nulla secondario: come essere tuttI in connessione con tuttI, superando le barriere linguistiche e culturali?

L’inglese ha un suo compito di esperanto, e la supremazia statunitense nel settore informatico ha garantito a questa lingua una diffusione ed una durata notevole.

Tuttavia, l’inglese non e' ancora la lingua parlata da tutti, e le barriere culturali che ne impediscono un’immediata e capillare informazione sono molte.

Nel frattempo, il vero linguaggio universale restano le immagini: fotografie ed icone sanno farsi capire da tutti, pressoché indipendentemente dalla lingua madre, dalla razza, dai pregiudizi.

A mano a mano che l’interazione fra tutti i membri dell’umanita' e fra tutti gli strumenti usati diventa sempre piu' evidente, altrettanto evidente si fa la necessita' di comunicare per "figure" e simboli, per immagini.

Ora che il trattamento digitale ha reso la fotografia malleabile come creta nelle mani dell’autore, non resta altro che la necessita' di esprimersi e comunicare.

Tutto a tutti.

In questo mutato panorama della comunicazione giornalistica, pubblicitaria e di intesrcambio di dati. il considerare la fotografia come elemento marginale – quale poteva essere anni addietro – non e' semplicemente un errore di valutazione.

E’ un errore simile alla specie di pesci che, in un mondo con sempre meno acqua, non impari gradatamente ad assorbire ossigeno anche dall’aria.

E’ un errore evolutivo.


copyright Roberto Tomesani © 1999 – per Associazione Nazionale Fotografi Professionisti TAU Visual – www.fotografi.org – www.tauvisual.it

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