QUANDO IL FOTOGRAFO LAVORA PER L’ESTERO

 

 

 

Occorre qualche licenza particolare?

Come portare il materiale oltre frontiera

Il Carnet ATA

Fatturazione per clienti stranieri


Un servizio per una rivista francese, un matrimonio ad una coppia in Svizzera, un catalogo per la ditta Austriaca…

Con frequenza che varia da professionista a professionista, i primi effetti della "globalizzazione dei mercati" cominciano comunque a farsi sentire.

Non si puo' dire che il Fisco sia un grande amico, quanto a semplificazione delle regole in questi casi. Ma, si sa, la materia fiscale e' intricata, e rapportarsi con tanti altri Paesi non la semplifica.

In queste righe vediamo una panoramica molto riassuntiva e semplificativa di come debba comportarsi il fotografo che svolge lavori all’estero.

Alcune premesse.

 

Licenze e permessi

Non occorre alcuna licenza o permesso per effettuare singoli lavori fotografici o singole cessioni di diritto d’uso negli altri Paesi: Quindi, quando si varca la frontiera per andare ad eseguire il proprio servizio (e non per andare a stabilirsi come fotografi), non occorre darsi pena delle legislazioni locali in tema di esercizio dell’attivita' fotografica, che valgono unicamente in relazione all’avvio di una vera e propria attivita' in loco, ma mai per un singolo lavoro.

Il materiale e l'attrezzatura oltre frontiera

Per quanto concerne l’attrezzatura da trasportare, non occorre alcuna formalita' quando ci si sposta nei paesi della Comunita' Europea. Teoricamente parlando, invece, quando si passa (anche solo transitando) per un Paese extracomunitario, occorrerebbe munirsi dei coupon ATA per l’attrezzatura "temporaneamente esportata". Un esempio classico e' la Svizzera, Paese extracomunitario, di fatto frequente meta di servizi o transito per altri Paesi.

Si e' detto "teoricamente parlando" perche', in effetti, sono molto meno le persone e d i professionisti che adempiono questo teorico obbligo, rispetto a quelli che lo ignorano.

In mancanza di meglio, una soluzione ufficiosa accettata frequentemente in molte dogane e' quella di preparare una lista della propria attrezzatura, redigendola su carta intestata, e facendola firmare al valico di frontiera in uscita. In questo modo, al reingresso in patria si avra' modo di dimostrare che quell’attrezzatura e' stata portata oltreconfine provenendo dall’Italia, e non acquistata all’estero.

Volendo fare le cose come si deve, per i Paesi extracomunitari (non UE) occorrerebbe comunque preparare i carnet ATA. Tale documento va richiesto all’apposito ufficio (ufficio ATA) presso la propria Camera di Commercio.

L’apertura del carnet non ha costi molto elevati: si pagano poche decine di euro di fisso, che comprendono moduli per quattro viaggi; va poi fatto un versamento a fondo perduto all’Assitalia, che ha vinto la gara d’appalto per garantire la Unioncamere per i carnet ATA esportazione temporanea. La percentuale del versamento e' pari allo 0,1125% del valore dichiarato.

Se si e' iscritti alla Camera di Commercio, il versamento puo' essere fatto mediante bollettino di conto corrente postale; diversamente, occorrera' recarsi presso una sede Assitalia, comunque indicata dall’ufficio dei carnet ATA.

Il permesso vale per un numero illimitato di transiti, e puo' essere usato anche per una sola porzione del materiale dichiarato.

Come accennato, per i Paesi della Comunita' Europea NON occorre il carnet (in realta', non occorre nessuna formalita') I Paesi convenzionati per i carnet ATA sono la quasi totalita' di quelli normalmente oggetto di viaggi. Fra questi: Svizzera, Sud Africa, Stati Uniti D’America, Cina, Algeria, Canada, Hong Kong, India, Israele, Giappone, Libano, Malta, Malaysia, Nuova Zelanda, Polonia, macedonia, Marocco, Repubblica Ceca e Repubblica Slovacca, Romania, Senegal, Singapore e molti altri. Molti Paesi dell’America Latina NON sono, invece, compresi dalla convenzione.