LIBERA PROFESSIONE O IMPRESA?

come chiedere l'ammissione all'associazione


 
IN DUE PAROLE
Per essere esageratamente riassuntivi (anche troppo!): nella maggior parte dei casi, la corretta configurazione e' quella di impresa. Rientrano infatti in questo caso tutte le attivita' svolte in forma di societa' commerciale (snc, sas, srl), e tutte le forme individuali con investimenti, oppure - anche in assenza di investimenti - quando il carattere del lavoro svolto e' prevalentemente esecutivo. Sono imprese, al 95%, le attivita' di fotografia di cataloghi, industriale, di matrimonio, di ritratto a privati, di studio.

Possono essere considerati invece lavoratori autonomi / libero-professionisti alcuni casi di attivita' svolta in forma individuale, senza investimenti significativi, e prevalentemente interpretativi/creativi: alcuni casi di fotogiornalisti, di fotografia di moda od editoriale interpretativa, artisti fotografi e poche altre situazioni.
 
NEL DETTAGLIO
 
Inquadrare l'attivita'
Ma poi, chi e' mai, il fotografo?
Per essere sinceri, sembra che gli stessi professionisti del settore abbiano idee fra loro molto discordanti; e' facile immaginare, quindi, quanto poco chiare siano le idee di chi si trova ad essere esterno alla professione, conoscendone i meccanismi e le evoluzioni solo in modo molto marginale: ad esempio, il legislatore fiscale.
Prima di affrontare il compito non semplice di porre un poco d'ordine in questo disordinato e polveroso armadio che e' la nostra legislazione nel settore fotografico, occorre innanzitutto fare una premessa di base, per chiarire una distinzione apparentemente sottile ma, in realta', ricca di importanti implicazioni ed effetti.
 
Nel nostro ordinamento (si fa per dire) tributario, sono previsti sei diversi modi per produrre un reddito, cioe' per guadagnare. Abbiamo alcuni redditi che si producono grazie all'esistenza di altre ricchezze, come i "redditi fondiari", relativi ai terreni ed ai fabbricati, ed i "redditi di capitale", cioe' all'esistenza di depositi ed investimenti di denaro, anche in societa' - appunto - di capitali. Si tratta, come si vede, di guadagni indipendenti dal fatto che chi li percepisce lavori in qualche modo.
Abbiamo poi i "redditi di lavoro dipendente", prodotti lavorando alle dipendenze di qualcun altro, e - per descrivere tutti i redditi spiccioli non altrove contemplati - gli "altri redditi", o "redditi diversi" come le collaborazioni occasionali, le vincite, gli affitti anche di macchinari ed aziende, eccetera.
 
Restano due generi di reddito, che sono quelli che ci interessano molto piu' da vicino, perche' riguardano il guadagno di chi lavora in proprio: i "redditi di lavoro autonomo" detti anche redditi di lavoro "libero professionale" ed i "redditi di impresa".
 
Esponendo il concetto in termini semplificati, il "reddito di lavoro autonomo (libero professionista)" e' quello che viene prodotto da chi vende il frutto della sua intelligenza, indipendentemente dal fatto che utilizzi o meno attrezzature ed investimenti conseguenti; e', anzi, caratteristica peculiare del libero professionista il fatto di non basare la sua capacita' e riuscita professionale sul possesso di attrezzature, impianti e cosi' via, ma principalmente od esclusivamente sulle sue capacita' professionali.
Esempi evidenti sono quelli dei liberi professionisti piu' classici: il medico, l'avvocato, il commercialista, il giornalista, eccetera. Come e' evidente, ciascuno di questi professionisti deve la sua possibilita' di guadagno e di lavoro principalmente od esclusivamente alle sue capacita'.
Il medico potra' avere bisogno di uno studio e di un po' di attrezzatura, ma e' evidente che la sua fortuna professionale o meno sara' dovuta, ad esempio, alle sue capacita' diagnostiche, e non certo all'attrezzatura. Prova ne e' il fatto che, instaurato un rapporto di fiducia con i pazienti, se il medico cambia studio ed attrezzature, porta con se' i suoi clienti, che si affidavano a lui, e non ai suoi apparecchi. Ancora, un giornalista resta capace di scrivere efficacemente indipendentemente dal tipod di computer che usa per scrivere.
E cosi' via.
La nostra legge recita che si puo' parlare di lavoro autonomo / libera professione quando si e' dinanzi all'esercizio abituale, anche se non esclusivo (cioe', con la possibilita' di fare anche altro) di quelle attivita' che non sono reddito di impresa. In sostanza, la definizione fa rimando ad un'altra definizione.
Vediamo, dunque, cos'e' il reddito di impresa, visto che esercitare un'attivita' che non e' impresa significa esercitare un lavoro autonomo libero-professionale.
Volendo affidarci al testo della legge, la definizione dell'impresa e' un bell'esempio di incubo semantico: e' impresa l'esercizio di attivita' commerciali; sono attivita' commerciali quelle elencate dall'articolo 2195 del codice civile (cioe': industrie, intermediari di beni, trasporto, banche ed assicurazioni, attivita' ausiliarie alle precedenti), oppure tutte le prestazioni di servizi svolte da strutture organizzate in forma di impresa. La perla di questa definizione e' che si sancisce che sono imprese tutte le attivita' di servizi che... sono imprese. Definizione lapidaria ma decisamente poco univoca.
Per usare termini e concetti abbastanza immediati, invece, e' possibile indicare che il reddito di impresa si verifica quando ci si dedica ad un lavoro nel quale la componente degli investimenti, dell'organizzazione della propria ditta, delle attrezzature usate, riveste un peso significativo e preponderante sul lavoro.
Supponiamo che qualcuno acquisti delle apparecchiature per realizzare fotocopie ed stampe digitali; certamente, dovra' anche saper usare queste attrezzature, il che significa un certo apporto di "intelligenza". Tuttavia, visto che non siamo dei vegetali, qualsiasi attivita' umana implica un certo apporto di intelligenza. Nessuno potra' negare, comunque, che qualunque bravo operatore che sappia usare una macchina per fotocopie potra' fare delle fotocopie di pari qualita'. Infatti, se ci si serve di una copisteria ben attrezzata e funzionante, potra' far piacere incontrare sempre lo stesso commesso, ma non ci si basera' certo sull'abilita' professionale del gestore per giudicare la bonta' del servizio. L'imprenditore (ecco il nostro termine) che avra' acquistato negozio ed attrezzature potra', ad un certo punto, vendere il tutto, di fatto vendendo anche i clienti, che continueranno a servirsi di quella copisteria anche se il proprietario e gestore saranno cambiati. E' il caso, in sostanza, nel quale la componente dell'organizzazione e delle apparecchiature e' preponderante sull'apporto di "intelligenza", che pur non si nega che ci sia.
Altro esempio: un bravo artigiano rilegatore acquista qualche macchinario, affitta un capannone, si fa aiutare dalla moglie e da un apprendista; col tempo, avvia una buona attivita' di legatoria. Il fatto che il rilegatore sappia far bene il suo mestiere e' importante, ma ha maggior peso l'esistenza di una avviata organizzazione della ditta, della buona funzionalita' degli apparecchi, della buona rete di fornitori, del nutrito portafoglio di clienti. La ditta, infatti, potra' essere venduta e rilevata da altri che, a patto che sappiano fare il loro mestiere, potranno subentrare al precedente artigiano.
A questo punto si entra nel nocciolo del primo aspetto da chiarire per l'attivita' fotografica.
Il fotografo e' libero professionista od imprenditore?
Ha maggior importanza la sua capacita' o l'organizzazione della sua ditta?
Puo' vendere la sua attivita' ed il relativo avviamento (come fa un imprenditore od un commerciante), o di fatto la sua attivita' non e' vendibile (cosi' come un giornalista non puo' vendere ad altri il suo mestiere)?
Il fotografo e' dunque piu' simile ad un medico, ad un giornalista, oppure ad un bravo rilegatore, un preciso fotocopiatore?
Basta un briciolo di reale conoscenza del settore e, a meno di essere in malafede, la risposta e' evidente: DIPENDE.
Esistono fotografi che sono chiaramente liberi professionisti, ed esistono attivita' fotografiche indiscutibilmente con carattere di impresa.
 
Differenze operative
Ma perche' mai darsi pena per definire se si tratti dell'uno o dell'altro tipo di attivita'? Si tratta forse di una sottigliezza formale?
Tutt'altro, anche se un tempo le differenze fiscali erano molto marcate, ed ora sono ridotte principalmente a differenze di procedura.
a) La tenuta della contabilita' avviene in modi abbastanza differenti.
b) Il libero professionista tiene contabilita' con criterio di cassa: una fattuta va considerata ai fini delle imposte dirette quando viene incassata; invece, l'imprenditore segue il criterio di competenza: la fattura "conta" per l'Irpef nel momento in cui viene emessa.
c) Il libero professionista e' assoggettato al meccanismo della ritenuta d'acconto, il che comporta un costante anticipo sull'Irpef personale (ma non una maggior tassazione).
d) I costi deducibili dall'imprenditore sono leggermente diversi rispetto a quelli deducibili dal professionista; quest'ultimo ha maggiori limitazioni nella deducibilita'.
e) I coefficienti utilizzati dai parametri degli studi di settore, sono differenti, ed in modo molto significativo.
f) Il libero professionista non si iscrive alla Camera di Commercio, come invece fa l'impresa.
g) Il fotografo imprenditore artigiano paga i contributi Inps con una percentuale contributiva del 23,55%, dovendo garantire un versamento minimo di 3.668,99 all'anno (riducibile al 65% se contribuente forfaittario, e percepisce una pensione come artigiano.
Il lavoratore autonomo professionista paga contributi pari al 25,72% (se non hanno altra contribuzione), sull'effettivo reddito.
h) L'imprenditore (artigiano o comunque di piccola impresa) ha accesso ad agevolazioni, crediti ed aiuti che non sono previsti per il libero professionista.
Eccetera.
In alcuni casi si tratta di norme piu' agevoli per il professionista, in altri casi per l'imprenditore. Non e' possibile fare di tutte le erbe un fascio.
 
NO alle strumentalizzazioni
Innanzitutto, occorre sottolineare un aspetto di importanza capitale: si deve gettare luce sull'esistenza di diverse nature di attivita' professionale affinche' ognuno operi nell'inquadramento che lo descrive con maggior precisione, per poter lavorare nel miglior modo possibile.
NON SI DEVE E NON SI PUO' cercare di individuare nelle differenti regole delle scappatoie per pagare di meno; il comportamento miope e stupido di chi sceglie come inquadrarsi cercando di risparmiare qualche euro di imposte, si dimostra completamente inadeguato e controproducente come quello di chi acquisti un'automobile basandosi solo sul costo e sulla tassa di possesso e circolazione. E' evidente che l'utilitaria, la macchina sportiva od il fuoristrada a trazione integrale hanno costi diversi, ma anche il loro uso non e' per nulla intercambiabile. L'utilitaria scelta per economia andra' malissimo sulle mulattiere di montagna, ma anche il gippone 4x4 nel ciclo urbano si rivelera' un pessimo affare.
Fuori di metafora, ecco perche' non ha senso cercare di scegliere un inquadramento senza tener conto della propria vera natura di attivita':
 
1) Quello che appare un risparmio su di un lato puo' rappresentare una forte perdita su di un altro fronte. Anche se farraginose e mal concepite, le imposte vengono modellate sulle attivita', e cercare di gabellare la propria natura per quello che non e' puo' comportare dei notevoli inconvenienti.
2) Le regole fiscali cambiano in continuazione. Basare le proprie scelte sulle regole del momento significa andare sul sicuro come posando il piede alla cieca su di un pattino a rotelle: una base non molto solida. Molto meglio capire nella sostanza cosa si e', ed agire con linearita' di conseguenza.
3) Ad un controllo fiscale, l'aver seguito regole non confacenti l'attivita' effettivamente svolta puo' comportare contestazioni e sanzioni per nulla indifferenti.
 
Una "novita'" del 1996
Un aspetto significativo del problema sta nel fatto che per oltre cinquant'anni si trovava - nella legislazione - solo traccia della figura del fotografo imprenditore, e solitamente imprenditore artigiano.
Nel disinteresse generale della Pubblica Amministrazione per il settore fotografico (che conta pochi addetti e, quindi, politicamente e' poco interessante) per lungo tempo non si e' avuto alcun adeguamento della normativa, nonostante la fotografia si fosse di fatto evoluta e ne fossero nate nuove figure professionali.
Nel 1996 (con la Risoluzione Ministeriale n. 129/E del 17.7.1996) il Ministero delle Finanze riconosceva, finalmente, la piena liceita' della descrizione dell'attivita' fotografica non solo come impresa ma anche, quando se ne verificassero realmente gli estremi, come libera professione.
In seguito, gli stessi studi di settore (prima lo studio SG74U, poi TG74U, poi UG74U, poi WG74U) hanno previsto ed espressamente prevedono una DISTINTA valutazione delle attivita' fotografiche, a seconda che si tratti di attivita' gestita in forma di impresa, o di libera professione.

Ancora adesso, tuttavia, dopo tanto tempo di immobilismo, in molti uffici pubblici i funzionari di sportello indicheranno, per non conoscenza delle evoluzioni, come unica strada percorribile per il fotografo quella dell'inquadramento come imprenditore.
E' infatti "solo" dal 1996 che esiste questa "novita'"...
Come gia' piu' volte si e' osservato, il settore fotografico si e' in realta' evoluto profondamente negli ultimi decenni, assumendo nature anche radicalmente differenti fra loro. Questo non significa che l'originario mestiere del fotografo sia adesso divenuto qualcosa di diverso; al contrario, la maggior parte degli operatori ha conservato in assoluto tutti i connotati del lavoratore artigiano nella pienezza del termine.
Tuttavia, accanto a questa figura (in assoluto la piu' diffusa nel settore) si sono sviluppati anche altri modi di essere professionisti fotografi, molto distanti dall'iniziale configurazione e, quindi, altrettanto poco efficacemente descritti da quella scarna legislazione che la fotografia ha a disposizione: si tratta delle attivita' fotografiche di impostazione libero-professionale.
Data la forte differenza sostanziale esistente fra i diversi generi di fotografi, e' utopico e controproducente cercare soluzioni uguali per categorie di natura ed esigenze estremamente dispari fra loro, unificate solo dall'uso del mezzo tecnico che, in realta', non ha nessun potere di unificazione.
Per usare un esempio ricorrente, il volere accomunare tutti i fotografi in un'unica classe di operatori sarebbe come pretendere di trovare definizioni comuni per gli ammiragli, i piloti di "off shore" ed i bagnanti che remano su di un moscone, dato che tutti navigano sull'acqua.
Non e' possibile, dinanzi ad un'evidente e sempre piu' marcata realta' di mercato, ignorare il problema, senza affrontarlo. Il fatto che questo stato di cose comporti la fatica di definire le nuove categorie, e di trovare elementi distintivi fra i diversi modi di essere fotografi non e' sufficiente per eludere il problema.
 
Quando la "libera professione", per la Risoluzione 129/E del 1996.
Per capire in quale caso la figura del "libero professionista" puo' essere considerata calzante al fotografo occorre, ovviamente, definire con chiarezza chi sia il libero professionista, in assoluto.
La presa d'atto ufficiale ed il chiarimento da parte dello Stato e' giunto dalla gia' citata Risoluzione Ministeriale 129/E del Ministero delle Finanze.

Ad un'istanza di interpretazione inoltrata da TAU Visual Associati, la Direzione Generale del contenzioso tributario del Ministero delle Finanze ha risposto con una Risoluzione che chiarisce in via esplicita e definitiva i dubbi sull'argomento.
La Risoluzione Ministeriale n. 129/E del 17 luglio 1996 conferma in esplicito l'esistenza di due possibili nature giuridiche e fiscali dell'attivita' fotografica: da un lato, quella tradizionale di impresa (e, conseguentemente, di impresa artigiana, quando si tratti di una piccola impresa); dall'altro, quella liberoprofessionale (lavoro autonomo).
Attenzione: il documento diramato dal Ministero non comporta che tutte le attivita' fotografiche creative debbano essere considerate professione. La Risoluzione ministeriale indica pero' espressamente che tali attivita' fotografiche possono, a pieno diritto, essere considerate di lavoro autonomo. Chi e' configurato come impresa perche' e' strutturato ed organizzato come  tale, continua a mantenere la configurazione di sempre. I colleghi, invece, il cui lavoro sia oggettivamente non di impresa, possono svolgere senza intoppi la loro attivita' come professionisti.
Inoltre, alcuni operatori poco informati credono che "libero professionista" significhi esercitare liberamente, senza preoccuparsi degli aspetti fiscali. Nulla di piu' falso: il libero professionista / lavoratore autonomo, esattamente come l'impresa, e' soggetto a fatturazione, registrazioni, autorizzazioni e tenuta di contabilita', anche se effettuate in forma differente da quelle caratteristiche dell'impresa. Si tratta, in sostanza, di una modalita' differente di essere in regola con lo Stato ed il Fisco, non un modo elegante per descrivere chi cerchi di evadere.
 
La Risoluzione inizia riassumendo, in modo un po' scarno, gli elementi su cui si basa il quesito. Richiama poi il substrato civilistico che sottende le norme contenute nel Testo Unico delle Imposte dei Redditi, e la distinzione relativa alla produzione di reddito di lavoro autonomo (arti e professioni) o impresa.
Conferma poi esplicitamente la possibilita' che l'attivita' fotografica possa essere configurata sia come impresa, che come professione, anche se non esiste uno specifico albo professionale, come per molte altre attivita', comunemente definite "libere" proprio per l'assenza di albi specifici.
Come elementi di fondo su cui basare la valutazione della tipologia di attivita' va utilizzata (oltre all'ovvia valutazione dell'esistenza o meno di una struttura) la presenza o assenza del rapporto fiduciario fra cliente e professionista, e cioe' il fatto che il cliente desideri affidarsi proprio alle capacita' interpretative di quel professionista in specifico, accettandone la natura creativa, e non tanto alla capacita' produttiva di una struttura.
 
TESTO DELLA RISOLUZIONE MINISTERO DELLE FINANZE
N. 129/E del 17 luglio 1996
 
Oggetto: Attivita' di fotografo. Qualificazione come reddito di impresa o di lavoratore autonomo.
 
Con l'istanza indicata in oggetto prodotta dall'associazione nazionale dei fotografi professionisti, direttori della fotografia e operatori dell'immagine (TAU Visual) viene chiesto di conoscere l'inquadramento ai fini fiscali dell'attivita' fotografica.
In particolare viene evidenziato che in dipendenza dell'evoluzione del settore, l'attivita'  fotografica, considerata  normalmente come attivita' di impresa, ed in molti casi attivita' di impresa artigiana, ai sensi della legge 8 agosto 1985, n. 433, e' stata interessata da profonde mutazioni per cui, attualmente, l'attivita' del fotografo puo' avere natura commerciale o professionale a seconda della sussistenza o meno di alcuni requisiti  che caratterizzano lo svolgimento di un'attivita' di impresa, quali l'impiego di rilevanti attrezzature e la scarsa componente di lavoro manuale.
Viene evidenziato, inoltre, che l'esercizio dell'attivita' fotografica con valenza di informazione  permette 1'accesso all'albo professionale dei giornalisti, ai sensi della legge 3 febbraio 1963, n.69, e che le  prestazioni fotografiche, aventi determinati requisiti sono ammesse a pieno titolo tra le opere dell'ingegno protette dalla vigente legislazione sul diritto d'autore di cui alla legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni.
Infine, viene fatto presente che il rapporto intercorrente fra cliente e fotografo e' di tipo fiduciario, con la conseguenza che il contratto che si instaura fra le parti si configura quale contratto d'opera intellettuale, regolato dall'art. 2229 e seguenti del cod. civ, nel quale l'impegno assunto da parte del professionista costituisce un'obbligazione di mezzi e non di risultato.
Al riguardo la scrivente rileva quanto segue:
L'art. 49 del testo unico delle imposte sui redditi approvato con D.P.R  22 dicembre 1986 n.  917 (TUIR), considera redditi di lavoro autonomo quelli che derivano dall'esercizio di arti e professioni, intendendosi per tale 1'esercizio per professione abituale, ancorche' non esclusiva, di attivita' diverse da quelle di impresa, considerate in particolare nel capo VI del citato T.U.I.R..
Si rileva altresi' che ai sensi dell'art. 51, comma 1, del TUIR, sono considerati  redditi di impresa quelli che derivano dall'esercizio per professione abituale, ancorche' non esclusiva delle attivita' indicate nell'art. 2195 del cod. civ. nonche' ai sensi del successivo comma 2, lett. a), delle attivita' organizzate in forma di impresa dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell'art. 2l95 del cod. civ.
Cio' posto, si ritiene che l'attivita' di fotografo possa essere considerata quale attivita' rientrante nell'esercizio d'arti e professioni di cui al citato art. 49 del T.U.I.R, ovvero attivita' di impresa, rientrante nell'art. 51 del T.U.I.R. stesso, a seconda delle modalita' effettive con cui essa viene svolta.
In particolare, essa si configura quale attivita' di lavoro autonomo allorche' la prestazione assume gli elementi tipici dell'attivita' professionale intellettuale di cui all'art. 2229 del cod.civ, ancorche' la legge, per la professione di cui trattasi, non preveda alcuna iscrizione in appositi albi o elenchi.
Tali elementi si ravvisano sia nell'impegno assunto dal professionista nel confronti del cliente a prestare la propria opera intellettuale per il raggiungimento del risultato sperato relativo al servizio fotografico reso, senza alcun obbligo di conseguito, sia per il fatto che il rapporto tra le parti, basandosi su  un rapporto fiduciario, fondato sull'"intuitus personae". 'attivita' fotografica si viene a qualificare, invece, come esercizio di impresa commerciale quando in tale attivita' l'apporto del professionista non e' piu' connesso ad una prestazione d'opera intellettuale, ma involge una prevalente opera di organizzazione di vari fattori produttivi e laddove la struttura dell'impresa cosi' organizzata, e non la figura del professionista, assume nei confronti della clientela una rilevante importanza (cfr. conformemente la circ n. 12 del 12 aprile 1983 della ex Direzione Generale delle imposte Dirette con riguardo alla attivita' dei laboratori di analisi).
 
Il Direttore Centrale (Ministero delle Finanze - Direzione Centrale Affari Giuridici e Contenzioso Tributario)
 
Considerazioni di approfondimento
Innanzitutto, un'osservazione di base. Esistono libere professioni gia' riconosciute dalla legge, mediante l'istituzione di un albo od elenco ufficiale. Ne sono un esempio la professione del geologo, del medico, del notaio, dell'ostetrica, del ragioniere, e cosi' via: tutte professioni regolamentate per legge. In questi casi, e' l'ammissione all'albo professionale ad abilitare all'esercizio della professione e, in un certo qual modo, ad identificare il libero professionista del settore.
E' profondamente errata, pero', la convinzione di alcuni, che ritengono che possa essere considerato libero professionista solo il lavoratore iscritto ad un simile elenco di legge. In realta', esistono molte altre nuove professioni che, pur se non ancora regolamentate per legge, hanno tutte le caratteristiche per essere considerate libere professioni, nella forma e nella sostanza.
Una prova lampante di tale constatazione si ritrova nello stesso Codice Civile, all'articolo 2231, che recita: Quando l'esercizio di un'attivita' professionale e' condizionata all'iscrizione in un albo od elenco... Attenzione: "quando"... Il che significa, evidentemente, che sussiste piu' volte il caso per il quale un'attivita' professionale non comporta l'obbligo di iscrizione ad un albo, pur restando attivita' intellettuale e professionale.
D'altronde, e' abbastanza evidente come non potrebbe essere diversa la situazione: forse che un mese prima del riconoscimento di legge di una professione, questa stessa non esiste? Il suo stesso riconoscimento implica la sua esistenza prima del riconoscimento. Cosa si riconoscerebbe, altrimenti?
Evidentemente, quindi, sono liberi professionisti anche coloro che esercitano un'attivita' di carattere intellettuale di cui si stia ancora attendendo il riconoscimento ufficiale. Per correttezza, si parla dunque di professioni "protette" e di professioni "non protette", intendendo con questo l'esistenza o meno, ad una certa data, del riconoscimento ufficiale.
Resta dunque da individuare quali siano gli elementi che, al di la' dell'ammissione ad un albo, rappresentano gli aspetti costituenti della libera professione.
Per mantenere un poco d'ordine, si potrebbe dividere il problema in due: quali siano, cioe', gli aspetti che fanno di un'attivita' umana una libera professione sul piano civilistico e commerciale, e quali invece siano gli aspetti che tratteggino questo genere di attivita' dal punto di vista fiscale.
Pur sembrando un poco noiose queste righe, e' importante la loro lettura e comprensione, dato che su di esse si basa poi la decisione nell'inquadramento della propria attivita'.
 
* Sul piano civilistico:
Per distinguere fra contratto d'opera (e quindi semplice lavoro indipendente) ed opera intellettuale (caratteristica della libera professione), e' possibile basarsi su alcuni precisi parametri, che ricorrono in specifico nell'opera intellettuale:
1) L'importanza particolare che assume la scelta del prestatore d'opera intellettuale;
2) Una maggiore possibilita' di scelta e liberta' di esecuzione, caratteristica della prestazione intellettuale rispetto a quella d'opera;
3) Il rapporto di fiducia intercorrente fra cliente e professionista;
4) L'obbligazione che deriva dal contratto, di risultato nel contratto d'opera, di mezzi in quello d'opera intellettuale.
5) L'intellettualita', quando questa non sia solamente "interna" al prestatore d'opera, ma si concretizzi in esplicito nel servizio che e' oggetto del contratto.
Vediamo con un poco piu' di chiarezza ciascun punto, calandolo nel dettaglio nell'ambiente fotografico, e come sia possibile valutare l'appartenenza o meno della prestazione alla sfera delle "prestazioni intellettuali".

1) L'importanza della scelta del professionista.
Nella prestazione intellettuale, la persona stessa del professionista riveste un particolare peso. Evidentemente, un certo tipo di immagine fotografica o di servizio non puo' essere indifferentemente commissionato ad un professionista piuttosto che ad un altro, perche' e' importante il ruolo della persona e della sua creativita' o della sua tecnica.
Ora, certi lavori di catalogo o di documentazione fotografica possono essere effettuati, oggettivamente, da un fotografo qualsiasi. Tuttavia, ogni volta che la scelta cada su di un certo professionista (o su di una ristretta rosa di nomi), perche' lo si reputa particolarmente adatto alla interpretazione del soggetto od alla soluzione dei problemi, ecco concretizzarsi appieno questa prima definizione della prestazione intellettuale.
Attenzione: la considerazione ha pieno valore non solamente nel caso della scelta di un "grande nome" noto internazionalmente per il suo stile peculiare, ma anche nella situazione in cui, in una cittadina di provincia, l'agenzia pubblicitaria, o la ditta, o lo stesso privato optino per un fotografo in particolare, scegliendolo fra i concorrenti per le sue caratteristiche personali e professionali, e non per il prezzo conveniente.

2) Una maggiore discrezionalita' nell'esecuzione dell'opera intellettuale.
Per riprodurre fotograficamente uno scritto non esistono molte strade possibili: chi effettua la riproduzione deve unicamente servirsi di un materiale sensibile sufficientemente contrastato, di buona risolvenza ed acutanza, ed impostare un'illuminazione omogenea e controllata del soggetto. Qualsiasi arbitrio nell'esecuzione del servizio rischierebbe di compromettere la validita' del risultato.
Quando, invece, al fotografo venga richiesto di eseguire un ritratto ambientato, un'immagine di stilllife curata, un reportage sociale e cosi' via, il professionista si trova nella possibilita' di seguire moltissime variabili, a sua discrezione, per soddisfare il cliente. Questa discrezionalita' nell'esecuzione dell'opera e' caratteristica delle prestazioni intellettuali.
 
3) Il rapporto di fiducia fra cliente e professionista.
Il committente, quando si rivolge ad un fotografo per affidargli la realizzazione di un lavoro, confida nelle capacita' tecniche e creative del professionista, dato che non gli sarebbe possibile eseguire un lavoro equivalente per proprio conto.
Il committente si affida dunque alla competenza del fotografo ed, in specifico, alla sua riconosciuta capacita' di affrontare e risolvere i problemi legati all'immagine.
 
4) Obbligazione di mezzi o di risultato.
Nel caso della prestazione intellettuale, cio' che viene richiesto al professionista non e' il raggiungimento di un risultato, ma la diligente disposizione dei mezzi atti a raggiungerlo. L'affermazione puo' lasciare perplessi ed, infatti, ha dato luogo a molte e controverse interpretazioni, sia in dottrina che in giurisprudenza.
A noi, comunque, interessa solo l'aspetto direttamente connesso con la professione fotografica, ed e' impossibile ignorare completamente questo aspetto: rivolgendosi ad un fotografo di chiara fama o, comunque, notoriamente valido sul fronte tecnico e creativo, il committente paga affinche' il fotografo si impegni a fondo per ottenere una sua interpretazione fotografica del soggetto, e non perche' trasponga pedissequamente un lay out.
Ne e' un esempio lampante la situazione nella quale l'agenzia di pubblicita' contatta piu' fotografi per far loro realizzare differenti versioni interpretative di una certa immagine, riservandosi di scegliere una o piu' immagini, in seguito.
E' evidente, in questo caso, il concretizzarsi anche di questo punto: al professionista viene richiesto di concentrarsi ed impegnarsi per conseguire un certo risultato, e non il conseguimento del risultato in se'. Di fatto, questa situazione ricorre ogniqualvolta al fotografo venga richiesta un'interpretazione - tecnica o creativa - di un'idea fornita solo a livello di spunto, e non certo solo nel caso del "grande nome" mondiale, giacche' un autore noto ed uno meno famoso godono della stessa protezione sulle loro opere, e la prestazione intellettuale di entrambi, se prescelti liberamente dal cliente, hanno pari dignita'.
 
5) L'intellettualita' oggetto del contratto.
Ovviamente, qualsiasi attivita' umana comporta, per sua natura, almeno una porzione di apporto intellettuale, piu' o meno evidente in rapporto alla componente manuale.
Tuttavia, nel contratto d'opera intellettuale questa intellettualita' non solo occupa un posto preminente, ma addirittura potrebbe essere considerata l'oggetto del contratto, il motivo per il quale ci si e' rivolti a quel determinato professionista.
Nel caso della fotografia, questa caratteristica e' evidente. Materialmente, l'immagine potrebbe essere eseguita dall'assistente del fotografo, mosso dalle direttive e dalle scelte del professionista. Quello che conta in questo caso e' l'elemento intellettuale in se', la capacita' di risolvere i problemi e di astrarre l'interpretazione; sono questi gli elementi che il cliente acquista dal professionista.
 
* Sul piano fiscale:
a) Il tipo di configurazione societaria.
Si e' visto come, per il Testo Unico delle Imposte sui Redditi (DPR 917/86), il reddito di lavoro autonomo e' quello prodotto con attivita' diverse da quelle di impresa.
Un primo, importante effetto di questa indicazione "per esclusione" e' il fatto che puo' essere reddito di questo genere SOLO quello prodotto in forma individuale (il professionista da solo) o, societariamente, da societa' fra professionisti, od associazioni fra professionisti (il che equivale). Questo significa che le attivita' svolte da societa' come la Snc (societa' in nome collettivo), la Sas (societa' in accomandita semplice) e, a maggior ragione, da societa' di capitali (Srl, Spa, Sapa, ecc.) per il Fisco non possono mai produrre reddito libero professionale, ma solo reddito d'impresa.
Perche' mai questa distinzione?
La risposta e' contenuta nello stessa definizione del reddito di lavoro autonomo, dato che, come si e' accennato, il Testo Unico, all'articolo 49, dice che:  "Per esercizio di arti e professioni si intende l'esercizio per professione abituale, ancorche' non esclusiva, di attivita' di lavoro autonomo diverse da quelle considerate nel capo VI". Il capo VI e' quello che regolamenta i redditi di impresa.
Ora, siccome le societa' di persone come Snc, Sas e le societa' di capitali come Srl ed Spa sono societa' commerciali, il Fisco ritiene che la loro attivita' sia, per natura, di impresa.
Chi mai puo' esercitare attivita' non commerciali, allora? I singoli professionisti, e le societa' non commerciali, che sono solamente le societa' e le associazioni fra professionisti.
 
b) Esistenza o meno di organizzazione in forma di impresa.
Gia' incontrata alcuni paragrafi addietro, una delle chicche nelle definizioni ai fini fiscali e' quella che, nel Testo Unico, rivela che sono attivita' di impresa, oltre quelle dichiaratamente commerciali, anche le attivita' di servizi, se organizzate in forma di impresa.
In pratica viene detto: un'impresa e' un'impresa quando e' un'impresa.
Volendo mettere da parte la facile ironia, l'interpretazione della norma va intesa come se il legislatore avesse affermato: "Se, per esercitare la vostra attivita', dovete basarvi su di una struttura articolata, con relativi investimenti, e se il reddito che producete e' in prevalenza una remunerazione del capitale investito, allora avete fra le mani un'impresa e siete imprenditori, con tutto cio' che ne consegue".
Il problema sta nel fatto che, per mantenere la necessaria elasticita', la definizione di impresa e' piuttosto vaga in tutta la legislazione, cosicche' sono frequenti i casi di dubbio. Il settore fotografico professionale e' uno di questi, dato che ospita figure di operatori molto, molto diverse fra loro.
Per tornare al senso della norma che ci interessa, si puo' risolvere il problema dividendo gli operatori in tre categorie, la cui distinzione non e' e non puo' essere con confini nettissimi.
1) Chi investe significativi capitali in mezzi e strutture, opera in una societa' di capitali, e si avvale dell'aiuto significativo di altri - dipendenti o meno - e' certamente un normale imprenditore. Nel concreto, chi possieda un avviato studio fotografico ben attrezzato, ove le immagini vengono realizzate da lui ma anche e forse soprattutto dagli assistenti e dai collaboratori, e' imprenditore a tutti gli effetti.
2) Il fotografo che ha investito qualcosa nella sua attivita', ha una piccola organizzazione e guadagna, tuttavia, principalmente grazie al lavoro suo e dei suoi familiari (oltre a qualche eventuale assistente), e non tanto per effetto del capitale investito e della struttura produttiva, questi e' con ogni probabilita' un artigiano, cioe' un piccolo imprenditore, che come tale gode di alcune agevolazioni.
3) Infine, ed e' questa la figura per la quale e' stato pienamente riconosciuta la funzione dalla Risoluzione 129/E, chi ha investito poco nelle attrezzature e nelle strutture, o addirittura si trova senza sue strutture (niente studio, poca attrezzatura, ecc), ma soprattutto svolge un'attivita' di carattere spiccatamente professionale, anche secondo i criteri di tipo civilistico individuati prima, e vive della cessione del diritto d'autore e del diritto di utilizzo delle proprie immagini e' - con buona probabilita' - un libero professionista della fotografia.
 
Una domanda chiave per la risposta chiave
Esiste, in realta', un criterio molto efficace per gettare ulteriormente luce nella distinzione fra le due figure "artigiano" e "professionista": ferme restando le considerazioni fin qui espresse - da le'ggere molto attentamente - e' molto significativo rispondere con onesta' a questo basilare quesito:
L'attivita' che si esercita e' stata rilevata acquistandola da altri, oppure si reputa di poterla rivendere a terzi? Se si', siamo dinanzi ad una struttura ed un suo avviamento che ha valore in se' e, come tale, produce reddito, tanto e vero che la si puo' rivendere. In sostanza, oltre al lavoro del fotografo c'e' un qualcosa in piu', identificabile nel valore dell'organizzazione, e che oltre ad essere costata per la sua creazione, puo' essere rivenduta, recuperando del denaro. In questo caso (cioe' se fosse possibile cedere l'attivita', vendendola) si sarebbe dinanzi ad una impresa; artigiana o no, quella struttura ha un suo valore, dal che si desume che esiste una componente che produce reddito, e che non e' il solo lavoro del fotografo.
Se, invece, il fotografo svolge un'attivita' con la quale fa anche impiego di mezzi (macchine fotografiche, ottiche, accessoristica), ma non ha niente di rivendibile al di la' degli apparecchi usati, eccoci dinanzi ad un libero professionista, che vive del suo lavoro e che non conta su di una struttura.
Attenzione: quando si parla di "rivendere" non si intende solamente la vendita del materiale usato, ma la cessione, a pagamento, del valore di un'attivita' avviata.
Si tratta di cose molto, molto diverse.
Facciamo qualche esempio per comprendere meglio.
Il fotografo di matrimoni che, con uno studio in una via semicentrale, abbia acquisito una buona clientela nel corso degli anni, avra' al suo attivo non soltanto il valore delle attrezzature che usa, ma anche e soprattutto l'avviamento dell'attivita'; il fatto, cioe', che la gente ha ormai imparato che quello studio fotografico fa dei buoni servizi, e che e' una buona cosa rivolgersi ad esso per i propri bisogni. Quando e se il fotografo volesse vendere la sua attivita', potrebbe farlo. L'avviamento dello studio comprenderebbe (normalmente) un valore pari alla media dei guadagni degli ultimi due anni, prescindendo dal valore delle apparecchiature, che possono essere vendute oppure no.
Si immagini, adesso, il caso di un fotoreporter, o di un fotografo di moda noto per la sua creativita'. Trascorsi alcuni anni dall'inizio dell'attivita', questo tipo di fotografo potra' avere accumulato anche un'invidiabile attrezzatura, ma non avra' nessun avviamento rivendibile. E a chi mai potrebbe interessare "acquistare" l'attivita' di un fotoreporter? Infatti, non esiste nulla di rivendibile, al di la' degli apparecchi, perche' l'entratura professionale e la possibilita' di avere lavori da parte delle riviste e degli altri clienti e' basata esclusivamente sul rapporto personale (vedi aspetti civilistici, piu' sopra), che non si possono vendere. Questo genere di fotografo e' un libero professionista, perche' non ha un'impresa, nemmeno artigiana.
Al di la', cioe', della sua capacita' e del riconoscimento delle SUE capacita' da parte di altri, non esiste altro valore della sua attivita'.
Ecco, dunque, che - piu' ancora del costo sostenuto per l'acquisto delle attrezzature - diventa profondamente determinante il fatto che l'attivita' svolta produca o meno un avviamento, cioe' un valore dell'impresa in se e per se.
Si puo' immaginare un giornalista che vende ad altri la sua attivita'? No. Egli e' un libero professionista.
Si puo', invece, immaginare un taxista, un falegname, un rilegatore, che vendono la loro attivita', o la licenza. Si', perche' esiste un'impresa.
Infine, si puo' immaginare un fotografo che venda la sua attivita'? Si e no. Potra' vendere la sua attivita' il fotografo imprenditore, non la potra' vendere il fotografo libero professionista.
 
La fotografia, dunque, in ALCUNE delle sue forme di esercizio, e' un'attivita' libero professionale. Si tratta di casi molto meno numerosi rispetto a quelli della normale configurazione di impresa, ma esistono, e sono in proporzione molto "concentrati" proprio nelle nuove figure di professionisti fotografi: reporter, creativi, pubblicitari di taglio creativo, fotografi di moda, eccetera.
Tutte attivita', insomma, che aderiscono alla persona che le ha avviate come se fossero una tessera di riconoscimento: "strettamente personale e non cedibile".
In questi casi, non esiste avviamento rivendibile; non esiste una struttura imprenditoriale; non esiste la vendita di qualcosa, ma la cessione di un diritto immateriale ed intellettuale come e' il diritto d'autore; non esistono, il piu' delle volte, investimenti significativi; il rapporto fotografocliente e' strettamente fiduciario, intellettuale, personale.
A fronte di tutte queste condizioni, occorre essere in malafede per negare l'esistenza della natura liberoprofessionale di queste attivita'.
 
Quando l'impresa
Occupiamoci, ora, di definire meglio quella frangia della fotografia di fatto piu' conosciuta, perche' corrispondente alla normale impostazione dell'attivita' fotografica.
Chi dunque, e' fotografo imprenditore?
Tratteggiare questa figura e' cosa molto piu' semplice; il fotografo e' imprenditore quando sussista una o piu' di queste condizioni:
 
a) Se l'attivita' e' esercitata da una societa' commerciale. Quindi, in tutti i casi in cui l'attivita' sia di una Snc, di una Sas, di una Srl od una Spa.
Il motivo di cio' e' stato ampiamente descritto due paragrafi addietro, laddove si specificava perche' non poteva essere reddito libero professionale quello di tali societa'.
In realta', e' ipotizzabile che lo stesso fotografo possa suddividere in due tronconi il suo lavoro ed il reddito che ne consegue. E' infatti ipotizzabile che, in molti casi, esista una componente spiccatamente imprenditoriale accanto ad una componente altrettanto manifestamente liberoprofessionale. In questa situazione e' possibile descrivere le due diverse attivita' con due diverse contabilita', una per l'impresa ed una per la professione. La cosa e' fattibile sia dall'imprenditore individuale, sia nel caso di societa', e puo' essere fatta mantenendo la stessa partita IVA per le due attivita' oppure, nel caso di societa', aprendo due diverse e distinte posizioni IVA.
 
b) Ancora, l'attivita' e' considerata di impresa se il lavoro e' organizzato basandosi su una struttura avente caratteristica di impresa, e cioe' con significativi investimenti, persone che collaborano, locali, macchinari, eccetera.
In altre parole, se l'attivita' riesce ad andare avanti anche in assenza temporanea del titolare.
 
c) Se l'attivita', anche se condotta personalmente dal titolare e con investimenti non elevati, genera di fatto un avviamento con un certo valore. In pratica, se l'attivita' del fotografo (e non solo la sua attrezzatura) potrebbe essere rivenduta ad altri, ricavandone dei soldi. E' il caso degli studi fotografici per privati (matrimonio e simili), o di quelli commerciali, che "entrano" nella mente dei clienti come riferimento non tanto personale, ma di struttura.
 
Concretamente, dunque, sono imprese nel 95% dei casi gli studi di fotografia commerciale di buone dimensioni, come quelli - sempre di fotografia commerciale - che, pur avendo piccole o minime dimensioni, lavorano prevalentemente su attivita' non creativa, ma piuttosto esecutiva; sono imprese gli studi di fotografia di ritratto e quelli di fotografia di matrimonio, questi ultimi specialmente se hanno un locale aperto al pubblico. Sono ovviamente imprese tutte le societa' commerciali, e necessariamente i commercianti veri e propri (fotografi con annessa vendita).
Nelle altre situazioni la natura dell'attivita' va valutata di caso in caso, sulla scorta di quanto esposto nei paragrafi precedenti.

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