POSIZIONAMENTO PROFESSIONALE
NELLA FOTOGRAFIA DI CERIMONIA
(prima di leggere questo testo sarebbe bene aver letto la prima parte: la professionalita' nel settore della cerimonia)
Accontentarsi della media? Di fatto, ciascun professionista nel campo della
ritrattistica e della cerimonia si crea un suo entourage, cioe' un suo ambiente e
"giro" che risulta essere un diretto riflesso del suo modo di essere e
di porsi come creativo. . |
È un concetto apparentemente complesso, ma di importanza
enorme, per cercare una vera crescita:
a) La media del pubblico e dei gusti è rappresentata da un livello davvero
basso e banale, che si rispecchia nelle scelte dei rilevamenti Auditel, del
comportamento del militare di truppa, dei comportamenti che si assumono quando
si è tutti indistintamente impignati in un imbottigliamento stradale.
Singolarmente si è magari delle belle persone, ma presi nell'insieme di diventa
massa piuttosto stupida.
b) Se il fotografo accetta di soddisfare il gusto della media, accetta di avere
numerosi interlocutori, ma accetta anche di doversi uniformare al livello basso
che questo tipo di atteggiamento porta con se.
c) Restando ancorati alla foto che viene richiesta dalla "massa" non
si sviluppa un vero senso critico, né ci si rimette in discussione realmente.
Ci si sclerotizza su un livello ripetitivo di produzione, senza nemmeno
rendersene conto, perché la "massa", che si riconosce in quella cosa,
continua a lanciare segnali di apprezzamento.
d) Ed ecco che cerchio professionale si è chiuso. Si invecchia, sia professionalmente
che personalmente, cristallizzati sul mediocre.
Il che, assolutamente, rappresenta una scelta - ed una scelta che dal punto di
vista economico può anche essere remunerativa; come tale, merita rispetto e
considerazione. Quello che è importante è che sia una strada nella quale
eventualmente ci si incammini volontariamente, e non nella quale ci si ritrovi
per caso.
Probabilmente, per un professionista che accetti di sentirsi
soddisfatto adeguandosi alla media, la lettura di queste note sarebbe
abbastanza inutile. Interrogarsi: su cosa? e mettersi in discussione: perché?
La richiesta della media
Il presupposto di base è che raramente i privati che richiedono immagini di
cerimonia o ritrattistica lo fanno aspettandosi una particolare creatività.
Effettivamente, la maggior parte delle persone (spesso con una limitata cultura di
immagine) ritiene di desiderare unicamente delle "buone foto",
intendendo con questo delle immagini ben nitide, sulle quali non facciano
smorfie, ove i difetti non siano evidenziati, con dei bei colori e,
possibilmente, belle grandi. Ovviamente, il tutto spendendo il meno possibile.
Questa - mediamente parlando - è la qualità richiesta dai privati, e cioè dal
"grande numero".
La richiesta così limitata, tuttavia, non nasce tanto dalla incapacità a
gustare un'immagine di maggior pregio artistico, quanto dal fatto che, per
tradizione, al fotografo che fa immagine di matrimonio si chiede questo tipo di
fotografia.
Ora, se da un lato è vero che la maggior richiesta è di questo genere,
dall'altro è altrettanto vero che - limitandosi ad offrire questo tipo di
immagine - ci si autocostringe in un orizzonte professionale decisamente misero
e, quel che è peggio, destinato ad essere superato da tutti i colleghi
concorrenti di vedute più ampie.
Un esempio per spiegarci con più immediatezza.
Forse che all'abitante medio di una città occorra sapere correre velocemente,
od occorra saper nuotare, arrampicare, sollevare pesi?
Certamente, no: si corre
cento metri per prendere l'autobus (o anche niente, se si usa la macchina), non
serve nuotare, perché nelle pozzanghere cittadine... non si nuota, si usa
l'ascensore e quindi non occorre saper arrampicare, nessun peso da sollevare se
non la borsa della spesa o una valigetta.
Potremmo dire che la vita ci richiede una capacità ed una prestanza fisica
abbastanza limitata; tutto il resto è un di più. Perché affaticarsi per dare
prestazioni superiori a quello che l'ambiente di vita richiede?
Allora, si può dire che sia una buona idea limitarsi a quell'esercizio fisico
che occorre per affrontare la vita cittadina?
Certo che no: sappiamo tutti come una simile vita sedentaria renda molli e privi
di grinta, flaccidi, poco scattanti e tutto sommato anche abbastanza brutti a
vedersi. Oltretutto, non migliora le condizioni di salute e non mantiene
gradevole il proprio fisico, col passare degli anni.
Eppure... era quello che
l'ambiente richiedeva... era la richiesta della quasi totalità delle situazioni
vissute, esattamente come potrebbe essere la normale richiesta della media di
fotografia di matrimonio...
Ora, il fotografo di matrimonio che si limiti a fornire quello che
"normalmente" richiede il mercato commette lo stesso, identico errore:
limita la sua evoluzione e la sua intera vita professionale ad una mediocrità
sufficiente, certo, a soddisfare tutte le esigenze professionali
"quotidiane", ma che lo renderà anche sempre meno interessante.
Lo spunto creativo e lo stimolo alla produzione di nuove idee e nuove proposte,
dunque, non deve servire a sostituire la produzione "standard", quando
viene richiesta.
Tuttavia, DEVE affiancarsi a questa in maniera da:
a) Rendere più vivace la capacità creativa del fotografo, a tutto
vantaggio delle situazioni anche normali affrontate nella produzione cosiddetta
standard;
b) Dimostrare al potenziale cliente quali siano le possibilità espressive del
fotografo, lasciandogli intendere la propria disponibilità a realizzare quello
che occorre, ma allo stesso tempo la capacità di realizzare qualcosa di meglio
e di più, che si stacchi dalla media.
Questo significa che la migliore interpretazione delle esigenze del privato
è rappresentata dalla PROPOSTA di ALTERNATIVA fra un'immagine classicamente
pulita ed una serie di altre soluzioni di sapore più creativo ed innovativo.
Quelli che sceglieranno la seconda soluzione saranno, inizialmente, una netta
minoranza, destinata tuttavia a crescere a mano a mano che le capacità del
fotografo si affineranno sul fronte creativo.
L'errore da evitare è quello di "obbligare" la clientela ad una
interpretazione forzosamente personale, che potrebbe non piacere non tanto
perché al cliente non piaccia l'idea dell'innovazione in sé, quanto perché -
magari - è proprio lo stile del fotografo a non essere gradito.
Nessun "obbligo",
quindi, ma certamente proposte di alternative, e proposte creative,
continuamente rinnovate, che facciano sentire vivo il fotografo che continua -
per se stesso! - a rinnovare il suo modo di ricercare. Il tutto, ovviamente
offerto solo come alternativa a chiavi di letture più classiche, e non come
imposizione.
In realtà, non si tratta di inventarsi creativi, imponendo un modo di
fotografare che non corrisponde ai desideri della clientela. Al contrario,
significa essere attenti alle esigenze degli sposi che giungono a studio.
Tuttavia, essere disponibili a risolvere i problemi del cliente con un genere di
immagine per lui accettabile non significa scartare le proprie intuizioni,
preparando un portfolio di immagini trite, banali e commerciali, nella
convinzione (peraltro solitamente giusta) che sia proprio quel tipo di immagini
ad essere venduto di più.
Al contrario, il fotografo deve essere capace di lesciare intatte le sue potenzialità creative, mostrandole in abbinamento ed in alternativa
alle soluzioni tecnicamente ineccepibili ma creativamente non troppo
d'avanguardia che gli sposi chiedono di solito.
In pratica, è compito del fotografo accettare di cambiare in parte il suo
linguaggio espressivo sulla base delle indicazioni del cliente, per rendere la
sua immagine più "addomesticata" per l'uso che ne verrà fatto.
NON
si deve effettuare questo genere di appiattimento PRIMA di proporsi, ma solo -
eventualmente - DOPO.
Quale costruttore di attrezzature digitali, ad esempio, si limiterebbe mai a
pubblicizzare i suoi prodotti facendo
cenno solamente delle funzioni che davvero poi si usano, dando la sensazione di
un apparecchio molto più povero della concorrenza (ma non più economico)? Chi
farebbe un simile autogol di immagine?
E, dunque, perché dovrebbe farlo il fotografo?
Perché mai, fuori dall'esempio, il fotografo con buone capacità creative
dovrebbe proporsi con un portfolio composto unicamente delle solite immagini che
"si vedono" nell'album della zia Evelina di turno?
Va bene, occorre che il fotografo si adegui alle esigenze un po' piu'
sempliciotte del cliente, ma
solo in fase di realizzazione, quando, cioè, non dovrà imporre la sua
creatività e la sua forte vena inventiva, accettando di lavorare innanzitutto
per la soddisfazione del cliente, più che della propria.
Ma non ci si deve limitare, nella promozione, alle sole immagini che "si
vendono", anche se queste rappresentano forse il 90% delle propria
attività.
Il posizionamento
"Posizionare" la propria attività significa semplicemente trovarle
una fisionomia concreta e ben definita, un volto che si faccia riconoscere e
ricordare, con delle caratteristiche che siano individuabili ed in qualche
modo distinguano dagli altri.
Sappiamo tutti - almeno come ricordo dei tempi di scuola - quanto sia faticoso il tentativo di spiegare qualcosa
che nemmeno noi si è capito bene. Spiegare agli altri una cosa che non ci è
chiara rende la spiegazione o l'esposizione veramente brutte ed inefficaci.
La stessa, identica situazione si verifica quando si iniziano a studiare delle
operazioni promozionali.
L'attività, le sue caratteristiche, gli elementi che la rendono interessante:
sono elementi che devono essere ben chiari innanzitutto nella mente del
fotografo, perché li si possa spiegare efficacemente nei propri messaggi
pubblicitari.
Inoltre, occorre farsi un'idea quanto più possibile precisa del destinatario di
ciascun messaggio, individuando le sue esigenze e "mettendosi nei suoi
panni", per rendere interessante la comunicazione fornita come promozione.
Questo insieme di elementi, una volta ben definiti, rappresenta il
"posizionamento" dell'attività, e cioè la matrice a cui si ispirano tutte le operazioni
promozionali.
Perché mai occorrerebbe darsi pena di "posizionare" la propria
attività fotografica?
Non si tratta di una complicazione inutile, o di una castrazione della libertà
creativa, ma di uno strumento che, usato con intelligenza, permette di
potenziare di molto l'efficacia promozionale.
Questi, in sintesi i motivi che rendono davvero utile il posizionamento:
a) Trovare una propria identità aiuta a sviluppare il desiderio di migliorarsi
in continuazione, e di far restare giovane la propria linea creativa.
b) Trovare un proprio posizionamento obbliga a rendersi in qualche maniera
diversi dalla concorrenza e, di conseguenza, a trovare modi per farsi notare e
ricordare (cosa importantissima quando gli affari cominciano un po' a soffrire
della concorrenza.
c) I concetti, chiariti nella mente del fotografo, possono essere espressi in
modo più efficace e comprensibile. Altrimenti, i messaggi pubblicitari
rischiano di diventare un'accozzaglia di sensazioni.
d) Avere una propria concreta identità facilita l'effetto di ricordo
che il cliente percepisce. Ogni operazione pubblicitaria, anche se diversa dalle
precedenti, se è ispirata ad un posizionamento ben preciso ricorda i concetti
già accennati precedentemente, e questo fa un gran bene all'efficacia della
propria promozione.
e) Sforzarsi di capire quali possano essere le caratteristiche positive da
evidenziare significa entrare nella mentalità del cliente, trovando così molti
eccellenti spunti promozionali.
La concorrenzialità
Emergere nel settore, di fatto, è un'operazione compiuta a svantaggio della concorrenza. Ogni lavoro conquistato è un lavoro sottratto
a qualcun'altro...
Su di una stessa "piazza", gli affari vengono oggettivamente spostati da un professionista all'altro, in
diretto rapporto alle capacità di ciascun concorrente.
Abbiamo accennato al fatto che per "capacità" non sono assolutamente
da considerare le semplici nozioni tecniche od anche la stessa abilità
fotografica; a parità di professionalità operativa e creativa, gioca un ruolo
davvero determinante l'efficacia promozionale e, sostanzialmente, l'intelligenza
con la quale le operazioni vengono condotte.
Conquistare quote di mercato, dunque, significa introdursi con un qualche
"vantaggio competitivo", in maniera da attirare a sé le commesse di
lavoro, sottraendole alla concorrenza.
Tuttavia, la scelta del terreno sul quale superare la concorrenza ha
un'importanza fondamentale, dato che si tratta di segnare la strada che
condizionerà tutte le attività che verranno dopo.
Concorrenzialità e prezzo
Come avviene in tutti i settori della professione fotografica, l'arma più
istintiva per conquistare nuove quote di mercato è quella di ridurre i prezzi.
In altri settori (e non sempre nella fotografia di cerimonia), questa operazione
è tutto sommato da considerarsi come una mossa suicida, dato che genera la
spirale viziosa per la quale si attirano quasi esclusivamente le commesse di
lavoro meno interessanti; questi lavori di scarsa qualità ed interesse sono in
grado di occupare tutto il proprio tempo lavorativo procurando margini di
guadagno molto bassi, ed offrendo minime possibilità di innalzamento delle
tariffe, scarso o nullo beneficio d'immagine, pessimo incremento della qualità
del portfolio.
Nel caso della fotografia per privati e di cerimonie, invece, esiste un certo
margine di possibilità di incremento degli affari a fronte di una riduzione dei
prezzi, a patto che si valutino con molta attenzione questi aspetti:
Se si sta lavorando alla costruzione di una
buona "immagine" dello studio, è controproducente prestare servizi a
tariffe più basse di quelle applicate dalla concorrenza; il riflesso negativo
di immagine che ne deriva rende in parte vani gli sforzi per creare una figura professionale di livello elevato.
La soluzione è di carattere strategico: quando, considerando gli altri
elementi, si decide per una riduzione delle tariffe, si deve provvedere a fare proposte di servizi (ad esempio, album matrimoniali) di livelli
davvero diversi fra loro, tanto in completezza, quanto in prezzo.
Si deve mirare, sostanzialmente, ad essere il
fotografo più caro della città e, contemporaneamente, il più economico.
Non si tratta, ovviamente, di proporre un prodotto buono ad un prezzo alto ed
uno di scarsa qualità ad un prezzo basso. Qualitativamente parlando, lo
standard deve sempre e comunque essere elevato. Tuttavia, la soluzione
"economica" deve essere sensibilmente ridotta sui tempi e
materiali necessari alla realizzazione (molte meno riprese, niente presenza al
pranzo o buffet, stampe eccellenti ma in numero ridotto; oppure, come
discuteremo ampiamente in un'altra sede, il servizio di ripresa senza la stampa
e la realizzazione dell'album).
Nella pratica, occorre dare al cliente la possibilità di richiedere un servizio
fotografico allo studio "famoso" senza dover spendere cifre eccessive;
tuttavia, si fa leva sull'unicità e la straordinarietà dell'evento
(matrimonio, ricorrenza importante, ritratto del volto ancora giovane,
eccetera), offrendo, accanto alla soluzione economica, anche "il
meglio" e cioè il servizio più caro.
Molto di sovente, dinnanzi all'alternativa fra i due livelli, il privato tende a
concedersi il lusso, per motivi di prestigio e di autocompiacimento.
Ripetendo il paragone esemplificativo: occorre realizzare un prodotto buono, e
di prestigio, come lo sarebbe uno champagne: poi, venderlo sia nelle bottiglie
da litro e mezzo, sia in quelle da 750cl, sia nelle mini bottigliette da 125cl,
che consentano al cliente di potersi permettere ad un prezzo abbordabile
"il meglio", lasciando che siano altri ad offrire sul mercato... i
cartocci di Tavernello.
Concorrenzialità e confronto: sottrarsi dalla mischia
Sempre restando a questo genere di paragone per capirsi, una volta generata
un'immagine di studio in qualche modo paragonabile allo champagne, si potrà
lasciare agli altri la competizione sui prodotti di basso livello, dove il
paragone sui prezzi è all'ordine del giorno.
Come già accennato, se desidero acquistare una lattina di gazzosa, paragonerò
il costo da negozio a negozio, e se mi renderò conto che uno dei due mi vende
la stessa lattina a 50 centesimi in più dell'altro, riterrò - a ragione - che
rubi sui prezzi.
Questa stessa situazione capita quando si offrono servizi
fotografici "standard" paragonabili in taglio, contenuto, qualità e
creatività a quelli dei propri colleghi.
Ma se desidero acquistare lo champagne, certamente non mi farò impressionare
dalla differenza di alcuni euro e, soprattutto, sarò nella predisposizione
d'animo di spendere anche decine di euro, per "coccolarmi" e
concedermi il meglio. L'effetto di paragone fra il prezzo di una marca e l'altra
non è più così determinante e, anzi, in alcuni casi può accadere che mi
senta propenso a decidere per la soluzione più cara, proprio per concedermi il
massimo. In spettacoli, alberghi e navi da crociera, spesso, sono proprio i
posti migliori e le suite ad andare esauriti per primi, anche se costano di più
e, forse, proprio per questo motivo.
"Qualità" e "professionalità" sono termini con i quali è
facile giocare, grazie al fatto che suonano bene alle
orecchie di tutti, e possono essere usati per buttare fumo negli occhi.
È evidente che un prodotto fotografico di qualità superiore ha migliori
possibilità di risultare apprezzabile dalla clientela e dunque competitivo nei
confronti dei colleghi/concorrenti, ma non ha senso consigliare semplicemente un
generico "incremento qualitativo".
Al di là di alcune piccole migliorie, apportabili semplicemente con l'adozione
di un poco di buon senso ed informazione, la "qualità" della ripresa
dipende in gran parte dalle doti del singolo fotografo, e dalla sua naturale
predisposizione al racconto fotografico.
E questo genere di predisposizione,
diciamolo con onestà, o esiste per natura - oppure non c'è.
Obiettivo di tutti i professionisti, indistintamente, è quello di raggiungere
un livello qualitativo tecnicamente impeccabile, contraddistinto da una assoluta
pulizia formale e tecnica.
Al di la di questo livello, tuttavia, subentra il fattore soggettivo della vera
e propria creatività, che - a differenza delle tecnica - può essere preparata
e maturata solamente in piccola parte.
I colleghi dotati naturalmente di questa capacità, possono effettivamente
puntare su di questo aspetto per l'incremento del loro giro di affari; per i
professionisti, invece, dotati di altre qualità ma non di una reale
creatività, non ha alcun senso il cercare di adeguare la loro produzione a
quella più "creativa" di altri professionisti. Ne deriverebbe sempre
e comunque un prodotto inferiore, sempre necessariamente "un passo
indietro" rispetto a quello del concorrente emulato.
Più concretamente, se manca una reale creatività di spicco, si
devono concentrare le proprie energie su quegli aspetti promozionali e
commerciali che consentono di guadagnare quote di mercato con altri metodi
(incentivi, gadgets, promozioni, infiltrazione di conoscenze, iniziative
collaterali, servizi aggiuntivi, ecc), fermo restando, ovviamente, un buon livello tecnico
delle immagini realizzate.
Necessariamente, la valutazione dell'esistenza o meno un'eventuale propensione
all'aspetto creativo deve essere fatta da altri - e non da sé stessi -
escludendo anche tutti i collaboratori ed i parenti del fotografo, perché anche
loro, come il fotografo stesso, non sono mai giudici sereno del lavoro fatto.
Elasticità dei margini di utile
Si è visto come, avendo sufficienti qualità tecniche e creative, la scelta
migliore resta in ogni caso quella di proporre prestazioni elevate a prezzi
elevati.
Quando, però, la realtà locale o la propria situazione personale obblighino a
differenziarsi anche verso la riduzione delle tariffe, si deve considerare con
un po' di intelligenza il rapporto derivante fra riduzione dei prezzi ed
incremento della redditività.
E qui occorre spiegarsi con calma.
(Su questo tema, e' stato pubblicato uno specifico video di quelli dedicati alle
strategie dei prezzi: lo si trova a questa
pagina di youtube:
http://www.youtube.com/watch?v=B6whNYuRuiA
È vero: è matematicamente certo che - se abbasserò i prezzi - avrò un
aumento del numero di clienti e di commissioni di lavoro. Su questo, nessun
dubbio.
Tuttavia, è molto più frequente di quanto non si pensi la situazione per la
quale il fatturato effettivo che si deriva da questo incremento è inferiore a
quello ottenibile lavorando di meno a prezzi più alti.
Un esempio per spiegarci meglio.
Per contrastare i concorrenti, supponiamo che si decida di ribassare i propri
prezzi di listino del 20%, nella speranza di attirare maggiore clientela.
Per potere ridurre del 20% il prezzo praticato al pubblico, comunque, occorrerà
di fatto dare un notevole taglio al proprio margine di guadagno - all'utile -
dato che le spese vive per la realizzazione di riprese e stampe si possono
ridurre solo in minima parte, pena il decadimento di qualità generale
(ovviamente da evitarsi).
Così, quella riduzione del 20% del costo del servizio significa una riduzione
di almeno un 35-40% del proprio utile, unica componente che si possa ridurre
senza diretto calo di qualità e, dunque, di concorrenzialità.
La riduzione del prezzo di vendita, ovviamente, comporterà un sensibile
incremento del numero di clienti, ma con tutta probabilità in misura non
sufficiente a ripagarsi del forte calo di utile derivante da ogni singolo
lavoro.
In pratica, se riducendo del 20% il prezzo dei propri servizi io avessi ottenuto
di avere un terzo di clienti in più - cioè un incremento della clientela del
30-35% (ed è già un bel successo), ci sono buone probabilità che il tutto
corrisponda... ad un nulla di fatto, perché lo sconto applicato sul prezzo al
pubblico sarebbe corrisposto ad una ben più vistosa riduzione del margine di
guadagno, praticamente uguale all'incremento di clientela.
In sostanza, si finisce per lavorare di più per guadagnare quanto prima, se non
meno.
Bel risultato.
Non esistono, purtroppo, funzioni matematiche totalmente affidabili per
determinare in questi casi quello che viene definito "break even
point", punto di pareggio, dato che entrano in gioco elementi soggettivi -
come la capacità tecnica e promozionale - o variabili, come la dislocazione
geografica e la tipologia della concorrenza.
In via orientativa, è meglio diffidare di qualsiasi operazione che, rispetto ai
prezzi praticati in precedenza, richieda riduzioni in un solo colpo delle
tariffe di listino superiori al 10% nelle grandi città ed
al 15% nelle piccole.
Con ogni probabilità, l'incremento in "traffico" di affari non
ripagherebbe la riduzione del volume di utile unitario.
Infine, al di là delle considerazioni commerciali, vanno anche considerati i risvolti negativi che la politica del ribasso delle tariffe
puo' avere sulla qualità della propria vita.
Guadagnare anche in misura maggiore, ma obbligarsi - con le proprie mani - ad
un ritmo di vita necessariamente più impegnativo ed a volte stressante può
essere una scelta, ma non deve essere un imprevisto indesiderato...
Concorrenzialità e ambizione
Uno degli aspetti più pericolosi nella "lotta" a mantenere viva la
propria concorrenzialità è quello - a cui abbiamo fatto cenno nella parte
introduttiva - che porta a sentirsi soddisfatti del proprio lavoro perché,
mediamente, questo soddisfa le coppie di sposi o comunque i clienti che si
rivolgono allo studio.
In mancanza di un vero stimolo diretto - quale invece quello esercitato da
agenzie e redazioni sui fotografi di altri settori - nel fare fotografia di
cerimonia e nel sentirsi abbastanza "a posto", il professionista
rischia di sovrastimare le proprie capacità.
Dinnanzi ad una buona soddisfazione del cliente, o confortati da una
concorrenza tecnicamente debole, si rischia di valutare le proprie capacità
come appartenenti ad un livello superiore, rispetto al reale.
Se da un lato questo atteggiamento di fondo fornisce sicurezza - e la sicurezza
è una cosa buona - dall'altro porta a commettere errori di "sclerotizzazione", e cioè a fossilizzarsi sempre sugli stessi paradigmi,
copiando sé stessi all'infinito e restando poco aperti a veri cambiamenti ed
innovazioni creative (e, per carità, non si sta facendo riferimento ai
cambiamenti di attrezzature, e alle innovazioni
tecnologiche: ci si riferisce alla capacità di mettersi in discussione e
rinnovare il proprio modo di inventare e creare immagini).
In questo modo si rischia di "invecchiare" - professionalmente
parlando - prima del tempo. Proprio come un piccolo borghese che si sposa, mette
la testa a posto, sistema la casa e si "siede" nelle sue convinzioni,
senza più avere la capacità di cambiarsi, migliorare, imparare dall'esterno...
In questo modo, ci si rende anche molto vulnerabili alla concorrenza di nuove
leve, cioè dei nuovi fotografi che iniziano l'attività in zona.
In pratica, si corre il rischio di trascinare lentamente il proprio prodotto
fuori mercato, offrendo il fianco alle iniziative di lancio dei concorrenti.
Le altre puntate sull'argomento:
a) In genere, sulla professionalita' nel campo della cerimonia
b) Il posizionamento professionale (questo stesso testo)
e) gli aspetti collegati alla concorrenza a prezzi molto contenuti
questi testi sono stati redatti da roberto tomesani per associazione nazionale fotografi professionisti - tau visual