Conclusioni
Se sei saltato
a pie' pari a quest'ultima pagina per... scoprire chi e' l'assassino
(fuor di metafora, se sei arrivato qui per capire in buon sostanza qual e' il
consiglio), ecco il consiglio apposta per te: coltiva la curiosita'
intellettuale.
Quella, cioe', che ti avrebbe portato a leggere le pagine che precedevano, e a
far nascere idee basate sul tuo modo di sentire.
La stanchezza, la sensazione di avere gia' provato tutto, lo scoramento, la
frettolosita', sono tutti nemici della tua professione.
E, probabilmente, anche della tua stessa serenita'.
a) In questo
periodo, coltivare sinceri interessi per quello che ti affascina (diverso dalla
fotografia), e calare questi interessi - questi tuoi "amori" - in
ambito professionale e' la scelta che maggiormente paga.
Semplicemente.
b)
L'altro elemento che emerge da questo, come
dagli scorsi sondaggi, e' una sorta di
"dipartizione" delle competenze (oramai le conoscenze
valgono sempre meno, perche' disponibili diffusamente).
Per cercare strade di corretta diversificazione e sviluppo della propria
attivita', sta diventando sempre piu' ingannevole mantenere rigidamente (quasi
"legnosamente") collegati i concetti di "professione"
(esercizio di un'attivita' economica collegata alla fotografia, e quindi con
necessario ritorno monetario) e "professionalita'" (cioe' la capacita'
di offrire risultati di qualita' ed interfacciandosi in modo efficace).
A volte ha senso dedicarsi ad alcune specifiche attivita' che diano visibilita'
e competitivita' qualitativa paragonata con il "mondo" esterno alla
professione, anche se queste attivita' non sono direttamente produttrici di
economia (sono, cioe', percepite come professionali, ma non fanno professione...).
Separatamente, poi, ci si dedica alle attivita' professionali, che producano,
seriamente e con efficacia, dei ritorni economici.
Ma non serve nascondersi dietro un dito: anche se non e' giusto assolutizzare,
e' tuttavia sempre piu' frequente il caso in cui cio' che offre soddisfazione
personale, visibilita', approfondimento culturale, spessore, tutto cio' non
paghi molto in termini economici: e' professionalita' che non fa professione
(e che compete con un intero mondo che non si cura dell'aspetto economico).
Per restare validi "competitor" sul piano della percezione globale, a
volte ci si trova a dovere giocare ad armi pari con il resto del mondo
fotografico: quindi, non solo gli abusivi, ma tutti coloro che producono buona
immagine fotografica e non si pongono minimamente il problema di farlo in modo
redditizio.
In questa "competizione", il fatto di dovere fare tornare i conti
economici si rivela come una palla al piede, perche' ci si pone dei limiti e dei
picchetti che gli altri creativi nemmeno si sognano. Col risultato che,
paradossalmente, sono piu' credibili, visibili e graditi al mondo intero, e che
il "professionista", limitato dalla necessita' di far coincidere
quell'attivita' con il suo lavoro per la pagnotta, non "vola", e non
convince.
Ecco perche' e' giusto cercare di fare coincidere la due cose (professione e
professionalita') ma e' altrettanto saggio prendere atto che, quando l'alchimia
non funzioni, una strada percorribile e' quella di giocare una doppia carta:
attivita' mirate ad essere visibili, e graditi, e credibili (anche se non
producono direttamente denaro), ed attivita' concepite per produrre denaro
(anche se non producono direttamente soddisfazione personale).
Non e' la regola. Ma e' una possibilita', ed e' una possibilita' introdotta da
una mutazione di "ambiente", di habitat, che prima era diverso.
c) Anziche' provenire da una
formazione monotematica (studiare e/o formarsi da fotografo
tradizionale) per poi eventualmente ramificarsi, la maggior parte dei nuovi
operatori ha una formazione di base derivata dalla confluenza di piu'
competenze: musica, grafica, espressivita' corporea, video, fotografia,
eccetera.
Anche se in partenza ciascuna di queste conoscenze e' ancora superficiale, la
persona che le possiede ha mentalita' piu' aperta, piu' vivace, in una parola
piu' adatta al contesto attuale di quanto non sia quella di chi proviene da una
formazione "unica".
Poi, come e' evidente, e' necessario che qualcuna di queste conoscenze venga in
seguito approfondita fino ad assumere uno "spessore" che sia
professionalizzante; ma questo percorso avviene su di un terreno umano molto
piu' fertile e creativamente produttivo di quello "classico".
Detto in altri termini, i nuovi operatori diventano professionisti scegliendo di
approfondire e professionalizzare una competenza (ad esempio, quella
fotografica), compiendo pero' questo processo partendo da un contesto
multiculturale sfaccettato ed ampio, che invece manca del tutto, generalmente
parlando, alla generazione "tradizionale" della fotografia, che nella
maggior parte dei casi e' cresciuto occupandosi quasi esclusivamente di cio' che
avveniva nell'indotto fotografico.
Il che, in questo mutato mondo, e' troppo poco.
|